Minibento. Uan & Chu. plus Emitofù.

17 marzo 2012 § 6 commenti

Well.

post che non doveva essere scritto.

(dovrei andare a controllare quanti post ho iniziato con well. si presta bene, indeed.)

Sowieso. (questa parola è eccezionale. e mi rompo a scrivere sempre anyway. che oltretutto è una di quelle parole cui aggiungo indiscriminatamente i, y, s dove non servono e ogni volta devo controllare se ho scritto correttamente. -somma pigrizia-)

Mi ero riproposta di quantoprima infilare a forza una ricetta sul semplice riso bianco. giapanis stail, appiccicoso ma non molicciacquoso.

e come potrei parlare di riso bianco  senza menzionare gli onigiri? impossibile, impossibile.

quindi ecco.

questo post sarà dolorosamente lungo. lo sento.

Premessa: la ricetta che riporto non è mia, l’ho trovato tempo fa su Justbento, alla categoria Justhungry. che per quanta riguarda ricette giapponesi ed approfondimenti su bento non ha eguali. perlomeno non ho ancora trovato un sito più completo ed esauriente.

la fase di lavaggio e immersione del riso è uguale sia che si utilizzi una vaporiera sia che si utilizzi una pentola. riporto la parte della cottura in pentola perché per la vaporiera dipende dalla tipologia e insomma, cestannoilibrettideistruzioni.

se non fossi un’impedita il risultato sarebbe sempre eccezziunale. purtroppo, non facendo parte di un utopico mondo perfetto in cui riesco a portare a termine decentemente almeno le cose semplici, il riso che ho preparato lunedì notte è venuto una melma e idem quello della mattina successiva (che ho tentato nuovamente di preparare appunto perché quello notturno era venuto una melma). e quando sbaglio la dose d’acqua. mi gira il culo. non poco. e, in un impeto di sdegno, mi ero risolta a bruciare ogni prova di questo riso acquomelmoso. e invece no. -sadismo power on-

premettiamo ancora un paio di cose. tanto sono già tre lune che devo scrive sto post. le foto appartengono a giorni diversi. gli onigiri fotografati sono cotti sabato e mangiati da me&mamère domenica. con il relativo side dish saranno indicati come minibento namberuan. per abbreviare, minibentone -leggi: minibentuan- .

gli altri onigiri con relativo side dish sono stati preparati ieri notte con l’intento di essere mangiati da me e da Oku. MA! per una serie di sfortunati eventi il riso è venuto melmoschifo e, nonostante il mio tentativo di riprepararlo in the morning, non sono stati fotografati poiché sono venuti comunque molto melmoflaccidi anche se meno di quelli notturni. con mio sommo rammarico. a loro, mit ihrem side dish, ci si riferirà come minibento namberciù. in breve, minibenciù -leggi: minibenciuuuuuu- .

oppuei. let’s begin con la ricetta del riso. a seguire tamagoyaki -che chiamarla  “frittata” non è abbastanza cul- e carote. stay tuned.

Eccoci di nuovo dopo gli appuntamenti pubblicitari!

-si manifestò, in tutta la sua fulgida evidenza, la tossicodipendenza delle sinapsi della sottoscritta-

non è colpa mia. dicono che possono smettere di sparare idiozie quando vogliono.

stavamo per presentare la risoricetta.

80 gr di riso (il vialone nano è quello che utilizzo, teoricamente il più simile a quello giapponese in quanto piccolo e tondo), acqua. calcolando che in cottura il riso raddoppia, con 80gr viene fuori una bella porzione per una persona.

l’acqua. è fondamentale non sbagliarsi. nella ricetta di Justbento utilizza per per 2 cups di riso 2 cups + 1/4 di acqua. no such complicate. indicativamente seguo la scuola di pensiero (???) secondo la quale va aggiunto al riso una quantità d’acqua pari al riso + il 20% del riso (20% insomma circaboh. di solito cucino 160 gr di riso. variandone qualità o quantità varia anche la quantità d’acqua. va sempre sperimentato un pò, damn). mi regolo ad occhio, aggiungendo acqua finché non supera il riso di circa mezzo centimetro. per due porzioni, sottolineo. il problema è che per quantità maggiori di riso va aggiunta più acqua.  esempio : per 80 gr di riso servono 80 gr di acqua + 20% di 80 gr. cioè 80 + 16 ovvero 96 gr d’acqua. da cui ne deriva che per cuocere riso per 4 persone, quindi 320 gr, servono 320+60=380 gr. e non basta un misero mezzocentimetro d’acqua sopra. perché altrimenti il riso resta crudo. e se dopo vi si aggiunge disperatamente altra acqua. diventa mollemelmoso. e basta me sta a girà la testa.

il procedimento -partono gli alleluja e i cori di vuvuzela dalla platea- . è molto semplice ma necessita di un certo tempo, se si vuole fare una cosa ben curata. altrimenti lavaggioblando, pentola, cotto, pronto e amen.

Then. prima parte: lavaggio. si prende il riso, si mette nella pentola, si copre con acqua (rigorosamente fredda). con le dita (vedi reperto grafico..se il disegno fosse proporzionato i chicchi di riso sarebbero breccole) si gira energicamente e si scola. si aggiunge acqua, si gira e si scola finché l’acqua non diventa piuttosto limpida ed il riso è ben visibile. si aggiunge di nuovo acqua, stavolta poco meno del riso e si premono i chicchi, sfregandoli delicatamente come per pulirli. scolare di nuovo e ricominciare ad aggiungeregirarescolare con acqua sempre fredda finché non diventa di nuovo trasparente. a questo punto si può scolare il riso, preferibilmente in uno scolapasta a maglie fini, e lasciarlo a riposare nel suo scolino almeno mezz’ora. (i primi “sciacqui” si potrebbero tranquillamente mettere da parte per lavarsi la faccia, verysmart’nsebuttavianiente).

ok, il lavaggio sarebbe la parte cruciale che fa la differenza. ma insomma non c’è sempre il tempo. premesso che per me cucinare il riso è diventato un rituale che compio seguendo sempre alcuni passaggi e gesti. se non ho tempo evito direttamente. insomma, infindellafiera, ognuno facesse come je pare.

Ordunque, seconda parte: cottura. prima di fare cuocere effettivamente si dovrebbe lasciare immerso il riso nell’acqua in cui poi verrà cotto da un minimo di mezz’ora ad un massimo di 8 ore (non di più sennò fermenta e vi ci fate direttamente un sakè.) a seconda di quanto il riso è vecchio. comunque. again, non sempre si ha il tempo. dopodiciò finalmente si comincia: fuoco alto per 1 minuto con il coperchio, oppure senza coperchio finché non inizia a bollire. da qui in poi serve il coperchio e non deve mai essere sollevato. far cuocere a fuoco medio per 4/5 minuti. abbassare la fiamma al minimo e lasciar cuocere per 10/15 minuti. prima di togliere dal fuoco alzare la fiamma per 10/15 SECONDI, per asciugare ulteriormente il riso.

un’altro passaggio che fa la differenza è coprire velocemente il coperchio con un panno e ricoprire subito il riso, lasciandolo riposare per 10/15 minuti, così da permettere l’assorbimento ulteriore dell’umidità senza che però gocci acqua direttamente sul riso.

prima di servire, separare il riso in quattro con un mestolo e girare per bene, così da uniformare il sapore. potrebbero esserci parti di riso più cotte ed abbrustolite, io le trovo buone e non le rimuovo, ci si regola secondo il proprio gusto obviously.

gli onigiri necessiterebbero unpostappparte. più che altro per l’essenzialità di un cibo così semplice che vabbè non ne parlo ora. comunque penso ci sia uno straripare di ricette nel web about it. sono davvero semplici da realizzare. la vera differenza la fa il riso, dal momento che possono essere anche lasciati “in bianco” = senza ripieno (shiro onigiri, simplement).

fin qui, un giro di parole da far venire la nausea. ma per fortuna il seguito è più semplice.. -risata malvagia malcelata-

nel minibentone gli onigiri erano ripieni di umeboshi (pure per queste serve un postapparte dannazione), nel minibenciù erano oltre che schifi, senza ripieno. oltre al danno la beffa. in tutti e due i casi ho passato l’alga nori sulle fiamme, svolazzandola da un lato e dall’altro per tostarla un pò. che molliccia non mi piace. per cui gli onigiri li ho incartati nella pellicola trasparente e l’alga l’ho poggiata intorno in modo che non fosse a contatto con il riso.

per il saiddishhh minibentone ho utilizzato una carota e un uovo. metà carota, sbucciata, l’ho tagliata a listarelle e l’ho cotta al vapore. l’altra metà, sbucciata too, l’ho tagliata a fettine, l’ho lessata e poi fatta zompare per tutto il piano cottura con salsa di soia e un pizzico di zucchero di canna,  finché non si è ben scurita (e devo imparare a far saltare la robacibo in padella. devo.). infilato nel minibento e aggiunto un po’ di gomasio. poi ho sbattuto l’uovo, ho aggiunto un pizzico di sale, tre pizzichi di zucchero di canna, un cucchiaino di acqua e uno di aceto di riso, amalgamando per bene. ho unto una padellina e l’ho fatta scaldare (utilizzare una gocciad’uovo per controllare che la padella sia abbastanza calda, deve cuocersi in pochissimi secondi una volta toccata la piastra). ho versato gradualmente l’uovo e arrotolato la frittatina su se stessa e qui è meglio un disegno sennò ci metto 3 ore e mezza a spiegare i due passaggi idioti che ho fatto. (eppoi ci ho messo il pepe).

va versato sempre poco uovo, in modo da ottenere una frittata sottilissima e si continua a arrotolare e versare sempre meno composto fin quando non finisce. e, mi raccomando, se dovete inserire immagini sproporzionate accompagnatele sempre con note che possano provare la vostra grafia penosa.

per il saiddishhh del minibenciù (perché nonostante la logorrea non me ne sono dimenticata, no, mi spiace per chi ci ha sperato)  ho utilizzato una carota e un uovo (fantasiosa, eh? non starò esagerando?). carota sbucciata, tagliata a fettine, scottata il minimo indispensabile in acqua bollente poco salata, cotta in padella con un pizzico di zucchero e un cucchiaio di aceto di riso (attenscion che ne evapora metà in un nanosecondo se la fiamma è troppo alta…nanosecondo -trip mentale-). ho sbattuto l’uovo con un pizzico di sale e tre di zucchero di canna, un cucchiaino di panna e stop. stesso procedimento di prima con l’aggiunta di fettine molto sottili di (formaggio) primo sale. ciò vuol dire abbassare la fiamma e aspettare che il formaggio si sciolga un po’ prima di arrotolare, senza andare nel panico perché si buca la frittatina moooolto facilmente yadda yadda.

volendo si può aggiustare la forma del tamagoyaki (eh sì è quello il tamagoyaki, la frittatina) con un pezzo di scottex finché è ancora molto calda, poiché dovrebbe essere ben rettangolare [esistono padelline rettangolari apposite (ovviamente i wish one.senza contare che ne esistono anche di questo tipo. e qui degenero.) ma si possono utilizzare tranquillamente padelle rotonde, basta tagliare gli angoli e toglierli. confesso. li ho mangiati io.]. è meglio farlo raffreddare un po’ prima di tagliarlo nei tipici bocconcini perché è altamente probabile la colata di ripieno bollente interno.

tutto sto bordellume (o bordellame, se vi piace) de parole per. una merenda alla fin fine. perché ci posso pure credere che un adorabile minibambino giapponese che mi arriva al ginocchio se magna una cosa del genere a pranzo. ma insomma mh. ecco. io ho fame.

ed ora sposto il discorso in maniera quantomai inappuntabile e disinvolta.

questo è un minibento. un porta onigiri monoporzione. e dico. già basta questo a farmi perdere il controllo. senza la componente: contrariazione. contrariazione allo stato puro. cos’altro potrei desiderare di più mentre mangio un onigiri, di un bianco triangolo che mi guarda con occhi pieni di disappunto? non è solo un portacibo è evidente. ce n’era anche uno con un candido smile e uno con cigliati occhi sorridenti. ma insomma no. contrariato. così lo voglio. ne ho comprati solo due. ma ne avrei presi a decine (mica perché sono una imbecille totale ma semplicemente perché già mi si è misteriosamente staccato un cosoclicperchiuderlo. e sto rosicando abbbestia).

penso da questo portaonigiri sia scaturita la prima scintilla del mio desiderio voracemente curioso nei confronti di qualcosa che a malapena conoscevo (e non è che ora ne sappia chissà che). il bento. il “pranzo al sacco” meidingiapan. e già fa ridere la traduzione italiana. perché viene subito alla mente la busta di cartamarrone del panettiere e ‘na bella ciriola có quattr’etti de prosciutto crudo, bello abbuticchiato dentro. inutile dire che fa bene al cuore questa immagine eh. al fegato forse un po’ meno. però. wazzafulfillmentmaiparolafupiùadeguata.

senonché. il bento è tutt’altro.

e non puoi nemmeno fare a meno (repetiscion, rethoric figure, on sait l’anglais) di fotografare un portapranzo contrariato (che poi. già mi piace la parola: contrariazione. e derivate. e riferita a questo minibentobako è un must. non smetto di ripeterla finché non consumo i tasti del piccì) che gioca sul furoshiki. raggiunto da Emitofù (il cui nome si scriverebbe correttamente Emi To-Fu). così la chiamo da sempre e sempre così sarà chiamata.

Emitofùmix. Emitofù per gli amici. anche se, banale ma vero, non ha amici.  l’unica che possa avvicinarsi a Noriominibentobako (sono due poi. fratelli gemelli Noriouan, Noriochu). senza essere divorata. o presa a testate. ammesso che sia una testa quella che circonda lo stomaco, così chiamato analogamente al suo scopo, di un Noriominibentobako. che rimangono effettivamente gli unici con cui abbia un rapporto sano, in cui non è costretta a lottare per affermare che la sua diversità non le è di peso e non è né una malattia né un difetto. e non deve sempre dimostrare ferocemente che è felice di se stessa, così com’è.

sto divagando.

ho trovato Emitofù in un negozio di vinyl toys che se solo a ripensarci al mio portafogli vengono contrazioni addominali e sudori freddi. avrei svaligiato pure i commessi (mi piacevano le loro magliette). ho comprato anche un Labbit lì. Mou per l’esattezza (da quant’è che dovrei fare un post a tal proposito?…). e lei. ero andata alla ricerca di quel negozio con mio padre. e gli avevo chiesto tra le due serie di Labbit e Tofùmix quali gli sembravano più carini. risposta: Mou e Emitofù. e il giorno dopo me li sono pure portati a scuola. ahem. dovrei specificare che andavo in terza liceo, non alle elementari. giusto per creare un pò di contesto. Labbit è piaciuto a tutti. subito popolare che quasi mi stava sulle palle. Emitofù. non è piaciuta a nessuno. per tutti era brutta e inutile e aveva una testa quadrata brutta e inutile. e io continuavo a pensare che mi piaceva un sacco ed era diversa perché aveva la testaditofu. e gli altri non potevano capire. seguito da machicazztel’hachiesto. ma va bene così.

ha molte doti nascoste. l’insospettabile mobilità articolare.

spaccata DANNN!

e forse fra tutti i Tofùmix non avrei scelto lei se mio padre non me la indicava. perché era troppo “carina”. aveva la maglia col cuoricino e gli occhiblink di ciglia. e invece nessuno l’ha trovata carina. mi è sembrato di aver tirato fuori da chi mi esponeva pareri non richiesti una sorta di istintiva, archetipale, sincera crudeltà tipica dei bambini. ero tornata all’asilo insomma. ma come avrei potuto dispiacermene ? Emitofù ha acquisito ancora più importanza legandosi a doppiofilo a quei ricordi. serve che ripeta il valore simbolico che ricoprono per me determinati oggetti, “giocattoli” in particolare? bè forse servirebbe. ma non ho voglia. e serve che ripeta quanto gli oggetti che si possono smontaremescolarerimontare esercitino sulla mia psiche un potere dall’intensità preoccupante?

ecco forse questo invece non servirebbe sottolinearlo.

Emitofù incompresa. e Noriouan-Noriochu contrariazione massima. e mi si risolve un pomeriggio.

ebbra di demenza, mi ritiro.

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§ 6 risposte a Minibento. Uan & Chu. plus Emitofù.

  • Wish aka Max ha detto:

    Beh… Che dire… Post fantastico! Secondo me Emitofù è la figlia illegittima di Danbo, che lui non sa di avere. Danbo era in Europa allora, per una trasferta di lavoro. Si era innamorato di Lara così, a prima vista. Si erano amati intensamente, ma la famiglia di Lara, che sempre aveva osteggiato Danbo, costrinse Lara a spostarsi all’estero. Danbo tornò a casa e non seppe mai che Lara aveva avuto Emitofù.
    (c’è da dire che io non so niente ma proprio zeroviazero di Danbo, l’ho conosciuto sul blog di Iaia, pensa te… Però ho pensato a Danbo appena ho vito Emitofù).
    Altra nota, hai un modo delizioso di raccontare le tue avventure culinarie, le modalità di preparazione del riso per l’ onigiri sono un capolavoro (masterpis, visto che ci siamo).
    Il disegno. Premessa. Non sono bigotto. Però quel disegno mi rimanda a immagii bibliche. Lo intitolerei “Il progetto di Dio”. Come se Dio prima di creare cielo e terra si fosse fatto uno sschizzetto di promemoria.

    • ho gli occhi di fuori..ho pensato “chiunque avrà la malaugurata idea di leggersi questo post ne uscirà perlomeno in stato di noia comatosa”..e invece hai rivelato un retroscena della vita di Emitofù! di cui non ero a conoscenza!!!
      Danbo lo conosco di vista..da parecchio ho come un vago principio egoisticopossessivo nei suoi confronti (si può smontare!!!!)
      Lara. ne possiedi un’immagine? ha un corrispettivo “materiale”? te l’ha raccontata Danbo di Iaia la storia? o Emitofù? mi scoppietta il cervello quando trovo qualcuno che vede le storie!!!!!!
      sono davvero su di giri perché ‘sto post non mi soddisfaceva. un interminabile giro di parole ubriache. e di solito quando scrivo/racconto la storia di qualche personaggio è come se qualcuno me la stesse raccontando in quel momento o la stessi leggendo. e di solito non trovo persone che sappiano rispondermi “a tono”.
      quel disegno mi ha stupito. l’ho fatto velocemente e mi ha ricordato un lungometraggio animato, riduttivamente fantascientifico, il “Pianeta Selvaggio” (non mi paragono assolutamente a un’opera del genere. però mi sono chiesta “da dove esce ‘sto disegno? l’ho fatto io?”). e insomma ero soddisfatta perché guardandolo, nella sua semplicità, trasmetteva qualcosa di strano e “oltre” l’apparenza.
      e poi il tuo commento. ecco, ora si che sono senza parole. e anche molto imbarazzata : )

      • mi dispiace ma ormai le sinapsi hanno imboccato la tangente, mi sono venute in mente un bordello di cose..

        Emitofù è una Testaditofu. è cresciuta in mezzo a Testeditofu (vedi reperto fotografico: http://www.dinkybox.co.uk/acatalog/kubrick_tofu_group.jpg ) ovvero individui appartenenti all’etnia To Fu, Testeditofu in Occidente, di origine cinogiapponese che, a partire dagli USA, tramite il transatlantico Kidrobot, si è ben distribuita nel resto del mondo. i To Fu tengono in grande considerazione le loro radici e mantengono molto saldamente le loro tradizioni. in effetti Emitofù è un caso eccezionale poiché in genere le Testeditofu tendono a creare dei forti legami tra le varie famiglie in qualsiasi angolo del globo, fino a formare dei veri e propri clan dai quali non si distaccano e all’interno dei quali conducono la loro vita.
        il fatto che Emitofù abbia optato per una vita libera da vincoli culturali che le stavano stretti è indice della sua diversità, in parte indizio della sua discendenza. d’altra parte chi meglio dei Danbo [Danboard in Occidente, altra etnia cinogiapponese, diffusa, a differenza dei To Fu, con estrema facilità ed omogeneità nel resto del mondo (come si può constatare dalla loro famosissima collaborazione in ambito pubblicitario con Amazon)] incarna la curiosità e la voglia di viaggiare, la disponibilità e l’adattabilità in qualsiasi contesto?
        c’è da dire anche che la disapprovazione familiare nei confronti del rapporto di Lara (che si presume essere una To Fu alla luce delle caratteristiche somatiche di Emitofù) e Danbo vede le sue cause non solamente nella differenza culturale delle due diverse etnie.
        ciò che rende i To Fu avversi ai Danbo è ciò che loro indicano come “diversità biologica”. è noto che i To Fu siano Testeditofu di nome e di fatto. il loro ritenersi superiori è legato al considerarsi edibili e biodegradabili, essi si riconoscono migliori poiché “esseri organici”. a differenza dei Danbo che vengono allontanati e scherniti dai To Fu, e nel passato questa inimicizia ha dato luogo a moltissime battaglie, come la sierosissima battaglia di Inarizushi, che vengono indicati come “esseri inorganici” finanche “esseri artificiali”. Nonostante le visibilissime tracce di un’indubbia parentela tra le due etnie, il fatto che i Danbo siano sostanzialmente dei robot è ciò che divide e porta odio e violenza tra le due fazioni (si deve considerare che i To Fu non hanno una visione obiettiva e completa poiché i Danbo possono generare ed autodeterminarsi alla stessa maniera dei To Fu) . ed è ciò che ha causato la separazione forzata di Lara e Danbo.

        tratto da “Considerazioni sugli effetti della globalizzazione nei piccoli esseri senzienti pseudo immaginari”
        saggio edito da Mental Divagation Edizioni
        di Kuroko Eramegliosemelorisparmiavo

  • Wish aka Max ha detto:

    Adesso capisci perché dico che siamo una banda di picchiatelli??? LOL ti adoro

  • […] tagliare un po’ ciò che si può -sogghigna- per il procedimento rimando a quest’altro delirio [che mi dispiace ma anche lì si avrà a che fare con un'ingente mole di parole in libertà (non […]

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